1 mar 2009

La circostanza della contingenza

Era lì.
Erano anni che lo immaginava, anche solo per far viaggiare la mente; ora che era davvero sul punto di farlo, non poteva che sorridere pensando alla sua vita e a quel binario sul quale lui stesso l'aveva instradata. L'amore, gli amici, il lavoro: tutto pianificato metodicamente e con inquietante anticipo. Persino la situazione in cui si trovava ora era stata già da tempo interamente programmata, e per questo svuotata di qualunque spontaneità. Non aveva fatto altro che seguire come un automa la scaletta mentale che si era predisposto: la tristezza, la scrittura della lettera, la riflessione sulla scelta. Non riusciva a fare a meno delle sovrastrutture che si era costruito neanche quando si trovava da solo con se stesso; tutta quella situazione aveva quindi un'aurea posticcia, e lui lo sapeva benissimo.
Ora che si trovava nel posto che aveva scelto, pensò che anche quello era banale. Alla fine era solo il tetto del suo condominio, una scelta dovuta non a chissà quale motivazione ma alla paura e alla pigrizia: la paura che qualcosa andasse storto, e la pigrizia di non andare a cercare fuori una possibilità che aveva già, nel senso letterale del termine, in casa. Quel posto era perfetto: un palazzo di 15 piani, che dava su una via interna poco trafficata. Si era informato bene: l'altezza minima per una morte sicura è di circa 7 piani, per riuscire ad andarsene davvero e non rischiare una sopravvivenza con danni permanenti.
Era per quello che si trovava lì. Voleva andarsene. Per sempre.
Adesso si trovava sul bordo del tetto, e guardava giù. La mente serena, piena di quella ironia pesante in cui aveva imparato a rifugiarsi quando sanguinava dentro: aveva preparato una suicide note macabra e simpatica, aveva ordinato da Interflora 21 rose da recapitare a sua madre il 3 Novembre, quando sarebbe stato già morto, con scritto nel biglietto "i fiori che hai posato ieri sulla mia lapide erano bellissimi, per questo volevo ricambiare.."
Si sporse ancora un po', sull'orlo del vuoto. Non aveva paura, le altezze lo avevano sempre affascinato e quella volta, nonostante le sue intenzioni, non fu diverso. "I'll be back!" penso tra sè, citando Terminator. Quel pensiero totalmente inappropriato lo fece sorridere per l'ultima volta, poi si lasciò cadere soddisfatto.

La persona che era diventato aveva assistito a tutta la scena. Osservò i suoi vent'anni schiantarsi al suolo, senza provare a fermarli. Non per scelta, ma per rassegnazione. Conosceva benissimo le motivazioni di quel gesto, ed era stata poco convincente nel cercare di dissuaderli perchè in cuor suo le condivideva.
Adesso era solo sul tetto di quel palazzo, così come nella sua mente. La parte di sè che più adorava aveva scelto l'auto-annientamento, perchè neanche lei riusciva a convivere con ciò che era diventato. A vent'anni si era solo noi pensò, così come cantava un tizio che tra vino e sigarette aveva scritto versi bellissimi.
Fu preso dall'urgenza di lasciare quel posto, per cercare di smettere di pensare. Si calcò sulla fronte il cappello verde che era solito portare (che per lui aveva significato moltissimo, ma che ora era solo un cappello), come se volesse usarlo come paraocchi. Decise che da quel momento si sarebbe lasciato guidare dalla contingenza, senza farsi domande ma semplicemente cercando di adattarsi al meglio alle diverse situazioni che la vita gli avrebbe proposto.
Iniziò a camminare, senza pensieri e senza direzione.
Il piede per bagaglio.

2 commenti:

ciao...facevo delle ricerche sul tema della contingenza e ho trovato questo racconto.... volevo sapere se è tratto da qualche libro o l'hai scritto tu... ripasserò di qui!! ciao!!

Ciao anonimo,

il racconto è tutto mia "romanzeria" (come a me piace chiamarla), non è tratto da nessun libro...

Sono contento che tornerai a visitare il mio spazio, l'unica cosa che ti chiedo è di firmarti la prossima volta che commenti (niente invasione della privacy, solo per capire con chi sto parlando.. naturalmente va bene anche un nickname..)

Un saluto

LilloArzillo