19 apr 2009

Patria o muerte!!!

Il ciclo della resa è sospeso.

Non è ancora tempo di abdicare. Lo farò quando verrà raggiunta una vera consapevolezza, senza condizionamenti, che evidentemente ora non c'è.
Ho sbagliato, su tutta la linea. Ho fatto scelte che non tenevano conto di aspetti importanti, prima perchè non volevo crederci e poi perchè ho voluto fidarmi di promesse fatte ad altri e non mantenute.
Questa non è una cosa su cui voglio ritrovarmi a pensare col senno di poi. La posta in gioco è troppo alta per avere rimpianti. Non me lo posso permettere.

"La sola vittoria contro l'amore è la fuga"

Questo aforisma di Napoleone Bonaparte fino a ieri era la mia scelta. Fuggire, dimenticare. Lenire la sofferenza, sostituendola però col rimpianto. Evitare il pericolo di toccare il fondo e farsi troppo male, barattando una serenità contingente con un "e cosa sarebbe successo se.." costante.

No, non è la scelta giusta. Certo, Napoleone è Napoleone. Ma lo sapete cosa disse immediatamente prima della battaglia di Waterloo? Questo:

"Wellington è un pessimo generale. Prevedo la vittoria entro l'ora di pranzo"

Tutti possono fare errori di valutazione. Io ne ho fatto uno gigantesco scegliendo una resa anticipata, e forse ora è troppo tardi per tornare indietro. Comunque, vale la pena tentare. Quando tocchi il fondo puoi sempre scegliere: lasciarti andare all'autocommiserazione o stringere i denti e continuare a lottare. Ho deciso: la seconda che ho detto.

Ma andiamo con ordine. Iniziando da qui, citando ciò che mi ha detto Cavour nella nostra chiacchierata:

"Se lei sta andando da un'altra parte, scusa se te lo dico, è perchè tu le hai messo in mano un biglietto di sola andata. E potrai farti tutte le domande che vuoi su ciò che è successo prima, ma ormai non puoi prescindere da quello che hai fatto."

Questo è il punto di partenza. Se è tutto finito, è solo colpa mia. Nobody's fault but mine, urlerebbe il Martello degli Dei. Come si fa a fare una cosa del genere e lo stesso dire di amare una persona? Onestamente, non so rispondere. Lo faccio e basta, è conscia irrazionalità. So però cosa voglia dire vivere con la consapevolezza di aver fatto soffrire enormemente la persona che si ama. E ci faccio i conti ogni giorno.

Ma cosa è successo dopo? Stasera è di questo che voglio parlare.

"È la verità! Sono nervoso, sono stato e sono molto, molto, terribilmente nervoso; ma perché volete dire che sono un pazzo? Il male ha affinato i miei sensi, non distrutti, non annientati. Più di chiunque altro avevo avuto acuto il senso dell'udito. Ho ascoltato tutte le voci del cielo e della terra. Molte ne ho intese dall'inferno. Per questo sono pazzo? Uditemi! e osservate con che precisione, con che calma io posso narrarvi tutta la storia."

Dopo ciò che le ho fatto, mi aspettavo di essere eliminato per sempre. Di essere sbattuto fuori in immediato dalla sua vita a calci, perchè oggettivamente era quello che meritavo.

Ebbene, non è successo.

Nonostante tutto, non ce l'ha fatta. Questo mi ha stupito, mi ha stupito ricevere il gesto d'amore più eclatante della mia vita in una situazione del genere. Io l'ho ferita a morte facendole crollare il mondo addosso, ma lei non ha smesso di cercarmi. Di aver voglia di sapere dov'ero nel mondo. Addirittura, di preoccuparsi per me.
Non è stato un periodo breve, ci siamo sentiti costantemente fino a 15 giorni fa. Per due lunghissimi mesi, regolarmente; non si è trattato dunque di isolati momenti di debolezza. Mail e sms giornalieri, qualche telefonata e saltuariamente chiacchierate di persona.
Parlavamo di noi, ovviamente, ma non solo. Ci tenevamo al corrente ognuno della vita dell'altro, perchè sentivamo fosse giusto. Ci rendevamo partecipi ognuno della vita dell'altro.

Paradossalmente, ero io che spesso cercavo di farmi da parte. Un po' mi sentivo in colpa, un po' pensavo che lei lo facesse per compassione. Perchè stavo male davvero, e lei lo sapeva. Ma non volevo tenerla legata a me per questo.

In risposta, lei mi ha scritto questo. Siamo all'inizio di Marzo:

"Interpreti tutto a capocchia...non è che mi faccio sentire perchè altrimenti tu ti suicidi ma perchè così mi va."

Di nuovo, a metà Marzo, le ho scritto questo:

"Sto meglio, questo è quello che devi pensare e questo è l'aggiornamento... Pensa a te per favore."

E lei:

"Riesco a pensare a tutti e due."

Siamo andati a pranzo insieme il giorno del suo compleanno. Il 16 Marzo, lo stesso giorno del rapimento di Moro (che c'entra? Per me c'entra). Le avevo dato appuntamento all'una e dieci, ma lei mi ha chiesto di anticipare all'una. E non perchè avesse impegni. Le ho dato il mio regalo, semplice ma mirato: il videogioco di Super Mario per la Wii; non so perchè, ma lei ha un debole per gli idraulici italoamericani... Eravamo rimasti che un giorno me l'avrebbe fatto provare. Il regalo era accompagnato da un bel biglietto in cui le dicevo chiaramente che ciò che desideravo era rendere possibile ricostruire qualcosa insieme. L'ho fatto a modo mio, certo, ma il senso era quello. Lei lo ha capito, dicendomi che ciò che avevo scritto era molto bello anche se altrettanto triste.

Anche io ho ricevuto, con ovvio ritardo, il mio di regalo di compleanno da lei. Meravigliose cuffie Bose. E darmele è stato un gesto importante, perchè avrebbe dovuto farlo la sera in cui le ho detto tutto. Nonostante questo, ha pensato fosse giusto che le avessi ugualmente.

Ancora, mi ha mandato la bozza della presentazione della sua tesi affinchè la leggessi e le dessi eventualmente qualche modifica. Le parlavo dei miei lenti progressi con la chitarra, e lei mi diceva che le sarebbe piaciuto sentirmi suonare. Stavo scrivendo il suo manifesto di laurea, avrebbe voluto leggerlo; non in pubblico dopo la discussione, sarebbe stato molto triste e probabilmente avrebbe pianto. Lo avrebbe fatto davanti a me, una lettura privata.

Stavo meglio, e stavo meglio grazie a lei che era lì a tirarmi su per i capelli, nonostante io l'avessi affossata in quel modo.

"Mi sto riprendendo piano piano… Tutto grazie al mio generatore di energia, che vive a pochi isolati da casa mia…"

"E che lavora a pochi metri dalla tua banca?"

Sì, lavora a pochi metri dalla mia banca.

Cosa vuol dire tutto questo? Dove si può trovare la forza per comportarsi così, se non nell'amore? E cosa vuol dire se, nonostante tutto ciò che è successo, c'è ancora un sentimento?
Non ho una risposta per queste domande, ma stavamo cercando di scoprirla insieme piano piano. Nessuno dei due poteva sapere in che direzione stessimo andando, se verso un ravvicinamento o un allontanamento definitivo. Lo avremmo scoperto insieme, col tempo. Tutto era potenziale, sono parole sue. Dopo, comunque fosse andata, ci sarebbe stata grande serenità tra noi.

La nostra situazione si evolveva: avevamo deciso di istituzionalizzare certi appuntamenti; sentirci al telefono regolarmente, come punto di partenza per andare in un senso o nell'altro. Magari dopo avremmo potuto legarci un pranzo insieme e poi altro, oppure decidere di cercarci più saltuariamente. Ogni sera le mandavo una canzone che sentivo parlasse di noi, e spesso la commentavamo insieme. Piccole cose, ma nella situazione in cui eravamo facevano comunque riflettere.

Non mi illudevo di niente però, la mia posizione era questa:

"Io sto facendo un grossissimo lavoro su me stesso, per vivere al meglio il momento in cui tu ti staccherai totalmente da me. Questo è lo scenario largamente più probabile, lo so benissimo… Se da un lato cerco di controllarmi, dall’altro però non posso smettere di amarti e di manifestarlo… Non posso tenermelo dentro, esploderei… L’unica cosa che io posso fare è cercare di esprimermi con un linguaggio nuovo lanciandoti piccoli segnali da lontano, data la distanza che ho creato tra noi. Onestamente non mi dispiace: ogni canzone che ti invio, ogni parola che ti dico è ricamata su misura per te. E’ facile esprimere amore sconfinato dicendo a una persona “ti amo” guardandola negli occhi; farlo attraverso i Led Zeppelin è un po’ più arduo, ma io ci provo lo stesso… Poi sarà quel che sarà. Detto questo, io te lo dico sempre: tutti i messaggi che ti mando sono senza impegno e con diritto di recesso: non sei ovviamente obbligata a rispondere, e soprattutto ti basterà una parola per farli smettere."

E ancora:

"Semplicemente starò qui, poi se a te interessa venire a raccogliere un cazzone avariato che però è in grado di garantirti amore eterno ed incondizionato ben venga… Senza impegno, come le pentole Mondial Casa… Capito?"

Comunque, c'era una continua evoluzione. Avevamo intrapreso un cammino insieme, e percorrerlo ci faceva bene.
Al telefono una sera mi ha detto che nonostante tutto pensava che fossi ancora l'uomo della mia vita. Di questo non ho evidenza scritta, ma non me lo sono inventato. Non potrei farlo, perchè è una cosa troppo importante. So che magari vuol dire poco o niente, però è stato ugualmente un messaggio forte. Arrivato meno di un mese fa.

Poi, il punto di svolta. Esterno a noi. A fine Marzo, ho saputo. All'inizio ho reagito male, malissimo:

"Mio dio, chi ti sta più vicino pensa che io sia un mostro ed inoltre ti ama. Come speri che io possa vivere pensando a questa cosa?"

E' stata lei, ancora una volta, a rassicurarmi:

"Non hai avuto nessun colpo, non sei di troppo e non devi uscire di strada per schiantarti. Cosa cambia adesso ? Cambia solo il fatto che ora hai giustificazioni di un allontanamento che ti aveva fatto soffrire...o no?"

Quella sera ci siamo visti, ne abbiamo parlato e sono andato via più tranquillo. Mi ha fatto vedere la sua tesi rilegata, un altro gesto importante totalmente gratuito. Questo, venti giorni fa.

Alla fine però, non sono riuscito a convivere con l'idea di quella nuova presenza. Non posso tollerarla per moltissimi validi motivi, di cui magari parlerò nel ciclo della resa. Vedevo il sentire me e frequentare lui contemporaneamente, con quei presupposti, come due cose totalmente incompatibili. Ho troncato quindi bruscamente. L'ultima mail me l'ha mandata lei, il 3 Aprile, chiedendomi cosa avessi fatto di bello la sera prima. 15 giorni fa. Poi più niente. Quella sera avremmo dovuto sentirci al telefono, la prima delle nostre “telefonate istituzionalizzate”.

Ho sbagliato, dio sa quanto. Mai come ora le due cose sono compatibili, è naturale che sia così. Invece, ho preferito fuggire.

Tutte le cose di cui ho parlato prima però hanno un peso, non possono non averlo. E penso sia giusto analizzarle, e farlo insieme. Non importa se dopo soffrirò, sono disposto a farlo se la posta in gioco è la piena consapevolezza. Si può farlo solo ora, perchè dopo sarà forse troppo tardi. Se davvero andrà dove sembra diretta, infatti, provocherà il nostro totale e permanente allontanamento. Non potrà che essere così, per ciò che la persona che ora le è vicino rappresentava per me e soprattutto per il modo in cui tutto è nato e si è sviluppato. Ma questo punto lo chiarirò un'altra volta.

Così, tre giorni fa l'ho chiamata. Abbiamo parlato a lungo, ed io le ho chiesto di darmi l'opportunità di tornare a sentirci come prima. Di provare a capire insieme che cosa si celi dietro tutti quei gesti gratuiti. Magari di frequentarmi saltuariamente in questa sorta di periodo ponte, non in intimità e con ovvi limiti, per aiutarci a comprendere davvero cosa significhino questi ultimi due mesi. Per decidere a ragion veduta, spazzando via la prospettiva del senno di poi.

Ho sbattuto contro un muro.

Mi ha detto che in questo periodo in cui non ci siamo sentiti ha raggiunto una "nuova consapevolezza", capendo che il suo sentimento verso di me si era affievolito da tempo, e che sarebbe stato impossibile sentirsi e vedersi se non "tutti insieme".

Ho trovato il suo discorso quantomeno strano, perchè in così pochi giorni le sue opinioni erano diametralmente cambiate. Io ero rimasto a questo:

"Abbiamo certamente imparato che una storia non si trascina fino all'estremo anche se l'amore c'è e non passa."

"L'amore c'è e non passa". Ben diverso da "Il mio amore si era affievolito da tempo".

Cosa è successo negli ultimi 15 giorni? Io mi sono totalmente eclissato. Lei dice che è proprio stando da sola che ha raggiunto la sua "nuova consapevolezza".

Sbaglia, per il semplice fatto che non è stata da sola.

In questo periodo ha vissuto esclusivamente la sua nuova presenza, avvicinandosi sempre di più. Constatando sviluppi importanti.
Avevo intuito ciò che stava succedendo già quando mi aveva detto che potevamo vederci esclusivamente "tutti insieme". Parole pronunciate con una punta di imbarazzo, che quindi riporto appositamente virgolettate. Ho comunque aspettato a trarre conclusioni, parlandole e cogliendo sempre più contraddizioni nel suo discorso.

Il suo sentimento si era affievolito da tempo, e se anche non le avessi fatto del male ci saremmo lasciati comunque.

No.

Non è così, lo so io e lo sa lei. Ne abbiamo sempre parlato, sia quando eravamo insieme sia in questa sorta di periodo ponte.

Entrambi sapevamo quali fossero i nostri problemi, ma non li abbiamo mai affrontati davvero; semplicemente, non ne eravamo capaci. Non siamo mai riusciti a prendere le distanze l'uno dall'altro per porre rimedio seriamente, perchè per noi era inaccettabile l'idea di stare separati. Insieme sempre: quando una persona è così importante per te da diventare portante nella tua vita, è terribilmente difficile farne a meno. Ne senti il bisogno in ogni momento, anche solo per sentirne la presenza. Dopo ogni discussione quindi, la necessità che avevamo l'uno dell'altro era troppo forte. Riavvicinamento istantaneo quindi, con la consapevolezza che nulla era cambiato. Inoltre, anche perchè comunque parlavamo spessissimo di noi, c'era una fiducia reciproca incondizionata. Questo fattore, seppur straordinario perchè ci permetteva di amarci vicendevolmente senza alcuna paura (quante altre coppie se lo possono permettere?), forse ha acuito quella sensazione di sicurezza scontata che sfocia nella routine.

Non c'entrava niente il sentimento, era una semplice differenza di carattere: io molto impulsivo e lei più posata. Per questo, avevamo un differente approccio alla vita e dunque anche al nostro rapporto. Se a me piace una cosa, io faccio di tutto per goderne e lo faccio senza risparmiarmi; lei invece riesce a mantenere una maggiore lucidità. Un esempio stupido: anche se entrambi adoriamo allo stesso modo le M&M's, lei ne mangia cinque e poi basta mentre io finisco il pacchetto sistematicamente. Lo stesso valeva per lo stare insieme, io a Natale ero disposto a farmi giornalmente 200 km in macchina da solo di notte per riuscire a vederla tre ore a sera, mentre lei veniva da me saltuariamente in treno. E’ stato sempre così. Non c'entra niente il sentimento, tra noi uno era troppo razionale e l'altro troppo poco. Ci compensavamo.
Nell'ultimo periodo è successo che progressivamente l'avere momenti solo per noi era diventato sempre più difficile, ma per motivi esterni e contingenti. Le tensioni tra noi nascevano dal fatto che, mentre io spingevo di più per riconquistarci a forza il nostro spazio, lei era più accomodante verso la situazione, dato che entrambi sapevamo fosse transitoria. L'amore non è mai stato messo in dubbio. Le cose però erano peggiorate ulteriormente quando abbiamo perso l'unico posto che ci permetteva di viverci in intimità abbastanza comodamente.

La svolta è avvenuta quando anch'io ho pensato che la cosa migliore fosse aspettare che quel momento passasse, sbagliando. Poi, il terremoto che ci ha fatto crollare. Ma è per quello che tutto si è sgretolato. Non abbiamo trascinato un rapporto, abbiamo trascinato una situazione. La differenza è abissale.

Pensare invece che noi fossimo già morti e che ci saremmo lasciati comunque, che questi due mesi siano stati un qualcosa di fisiologico è puro revisionismo. Neanche nel peggior regime totalitario si fa revisionismo storico su ciò che è successo appena 15 giorni prima. Inoltre, ogni volta che io nei nostri discorsi provavo ad insinuare una cosa del genere lei reagiva sempre fermamente e con stizza. "Sei ingiusto", mi diceva.

Se davvero il nostro periodo ponte fosse stato fisiologico per allontanarsi l'uno dall'altra, ci sarebbe stato un distacco progressivo. Sono stato io, invece, a interrompere tutto bruscamente. Credo inoltre che la vera reazione fisiologica a quello che le ho fatto sia l’eliminazione immediata, netta e totale. Io, e di questo ringrazio le mail e tutti gli altri mezzi di comunicazione asincrona, ho la scatola nera di tutta la nostra situazione. Posso esaminarla, giorno dopo giorno. Era costante: condivisione giornaliera delle nostre vite, con qualche concessione. E futuro aperto, tutto era potenziale.

Mi ha detto che nelle ultime due settimane è riuscita a visualizzare davvero ciò che le ho fatto, ed è per questo che ora mi respinge. Ancora una volta, la posso smentire: è da tempo che ha fatto questo passo. Ne abbiamo anche parlato, ed io le ho detto che razionalmente questo poteva bastare a farle decidere di non vedermi mai più; però, con altrettanta razionalità, avrebbe potuto riflettere sul perché, nonostante tutto, avesse voglia di sentirmi ancora senza rifiutare il mio amore. Sul perchè non avesse lasciato il suo posto. Mi ha risposto che ciò che le chiedevo era davvero difficile, ma questo lo so benissimo. Credo però che questi due mesi siano una cosa troppo eclatante per essere liquidata così.

Se lei poco prima della sua laurea insisteva per mandarmi un sms per informarmi del voto, allora mi domando come la settimana successiva abbia potuto cambiare così radicalmente. Se il 3 Aprile mi ha mandato una mail chiedendomi che avessi fatto la sera prima, mi chiedo perchè il 15 Aprile una cosa del genere sia diventata intollerabile.

Allora mi chiedo: ma se accanto a lei in questo periodo ci fosse stato qualcuno interessato solamente a farla stare meglio, senza nessun’altra bramosia? Se avessimo potuto davvero istituzionalizzare appuntamenti fissi per poi capire progressivamente, liberi dalle ombre di un’altra presenza intrinsecamente ingombrante? Quanta forza le dà questa nuova situazione che sta vivendo? Tantissima, mi ha risposto. E allora quando ragionava lucidamente, ora o prima?

Ciò che sta succedendo loro può essere sintetizzato brevemente: dopo ciò che le ho fatto, lei ha cercato quella persona perchè si scambiavano confidenze da tempo e non si frequentavano così spesso; passare del tempo con chi non era abituata a vedere, la faceva stare meglio in quanto la isolava dal contesto in cui io e lei vivevamo. Ad un certo punto, lui le detto di non parlare più di me, perchè non avrebbe potuto aiutarla: provava qualcosa per lei. Ormai si era instaurato un rapporto di fiducia e si trovavano bene a passare del tempo insieme, non c'era motivo che quel sentimento cambiasse le cose tra loro. Alla fine, progressivamente, dal parlare di me e lei hanno iniziato a parlare di loro.

Banale. Così banale, da essere balzato agli occhi di tutti fin da subito. Ma che sia banale questo lo sa anche lei.

La loro non è una cosa che viene da lontano, e lo penso sia perché lei me lo ha sempre detto e sia perché, se così non fosse, questa situazione si sarebbe presentata prima. Negli ultimi mesi insieme abbiamo avuto momenti di tensione, occasioni ce ne sono state.
Quando due persone si lasciano, in un primo momento si tende a cercare fuori le cose che mancavano in un rapporto. A lei sono venute meno fiducia e tranquillità, ed è proprio da quelle che si ora sente attratta. Trovo la cosa più che normale, se non fosse che in nome di questo suo momento di tranquillità incidentale lei stia facendo revisionismo su ciò che siamo stati. E’ questo che non posso accettare. La sua è una scelta forse più di mente che di cuore: sta buttando fuori la zavorra per prendere di nuovo il largo, ma così in fretta che non si sta neanche chiedendo cosa stia gettando fuori bordo.

E' a causa della ferita che le ho inferto che sta succedendo tutto questo. E' il sangue che n'è fuoriuscito che li ha avvicinati, e che più si rapprende e più li tiene uniti. Se ci sono stati sviluppi importanti nell’ultimo periodo, è forse perchè è venuta a mancare la mia presenza anticoagulante. Magari è proprio per questo che non possiamo vederci se non “tutti insieme”, per non intaccare l’equilibrio che sta cercando di trovare con un’altra persona.

In queste due settimane accanto a un’altro non si è mai sentita in un posto non suo? E’ ovvio che sia così, è proprio questo il motivo per cui uno dei modi più classici per dimenticare un amore è farlo attraverso un’altra persona. Si instaura un rapporto particolare, questo non lo metto in dubbio, ma all’inizio il grosso di ciò che si crede di provare migra semplicemente da una parte all’altra. Solo in un secondo momento, quando la spinta proveniente dalla fine di una relazione si esaurisce, si comprende davvero cosa quella nuova persona rappresenti.

Pensa che chi la sta ora al fianco sia stato mandato dal destino? Benissimo. Allora valuterà allo stesso modo il fatto che, dopo il suo rifiuto categorico di frequentarmi, noi ci siamo incontrati casualmente. Facciamo la stessa strada per andare al lavoro, io in tram e lei a piedi. Ho passato gli ultimi due mesi in piedi a scrutare fuori dal finestrino ogni mattina, come un cecchino di un romanzo di Tom Clancy, per cercare di scorgerla camminare sul marciapiede e fare insieme a lei un pezzo di strada. Non è mai successo. Poi, proprio il giorno successivo alla telefonata in cui mi ha detto che era impossibile frequentarsi, all’improvviso l’ho vista. Per due giorni di fila, senza farlo apposta. Il terzo invece l’ho aspettata per strada, ma era Venerdì 17 ed io sono notoriamente scaramantico…
Valuterà allo stesso modo anche il fatto che, per un motivo stupido, lei abbia ripreso in mano proprio ora un libro che le avevo dato da leggere, che aveva lasciato incompleto e che era rimasto a casa sua. Io sono immensamente legato a quel volume, attraverso cui sono uscito da una crisi interiore profonda e che mi ricorda un mio momento di crescita umana importante. Era l’unica cosa che stavo valutando di chiederle indietro, perché tra quelle pagine è rimasta impressa una parte di me, confusa tra macchie di caffè, di cenere, margini mangiucchiati e lacrime.

Sono segni stupidi? Probabilmente. Dipende se si crede o no nel destino…

Sta andando troppo di fretta per farmi pensare di essere lucida e troppo poco per convincermi che dietro ci sia qualcosa di davvero importante, questo è il punto.
Metadone, di questo si tratta: date a un tossico in crisi di astinenza una dose di metadone, e vi prometterà che non si farà mai più di eroina in vita sua. Allo stesso modo, lei che trae sollievo da questa nuova situazione si sta convincendo che noi eravamo destinati a lasciarci e che l’ultimo periodo ponte sia stato un momento fisiologico. Noi non eravamo destinati a lasciarci; avevamo delle potenzialità incredibili, e questo lo ha detto lei poco tempo fa. Forse il nostro periodo ponte è proprio un riflesso di tali potenzialità. Il nostro non era un amore che si basava su elementi superficiali, nessuno dei due era in grado di spiegare perché fosse innamorato dell’altro. Questa era una cosa che mi piaceva tantissimo, io che voglio sempre definire tutto ero costretto ad arrendermi di fronte al nostro sentimento. Amore per l’essenza dell’altro, senza appoggiarsi alla mera affinità. Eroina purissima.

Io sono pronto a lasciarla andare via, questo sia chiaro. E' un colpo che ovviamente mi sono preparato da tempo a incassare. Non posso però accettare che accada così, accantonando tutto in maniera frettolosa per scegliere la via più semplice. La mia priorità non è tornare insieme; se così fosse, mi sarei comportato in modo diverso, appropriandomi di spazi e cercando di sfruttare le piccole aperture che mi erano concesse. Avrei forse compiuto gesti eclatanti, cercando di battere il ferro finchè era caldo. Se non l’ho fatto, è appunto perché il mio unico scopo è capire davvero che cosa sia rimasto dopo il terremoto. Avevamo intrapreso un cammino per scoprirlo, che non abbiamo potuto terminare con tranquillità per fattori che esulano da noi. Io mi sono allontanato, e lei ha imboccato una scorciatoia. Tante cose però sono ancora da chiarire e analizzare. Questo penso possa fare bene anche al nuovo rapporto che per lei sta nascendo, ponendovi basi davvero solide.

Ciò che le chiedo è di controllare la nostra eroina; se è stata tagliata così tanto da essere diventata veleno, sarò il primo ad augurarle buona fortuna per la sua nuova avventura. Se però così non fosse, allora tutto ciò che è successo sarà come un viaggio che ognuno ha fatto in solitaria, facendo bagaglio di tutti i posti in cui è stato. E solo il ritorno dà senso a un viaggio.

Non ho un’idea precisa sul da farsi: procedo con disordine. Il disordine dà qualche speranza. L'ordine nessuna. Niente è più ordinato del vuoto. Di sicuro non posso aggiungere al rimpianto di aver rovinato tutto, quello di non aver neanche voluto capire ciò che è rimasto. Credo all’impossibile e rifiuto l’improbabile, questa è l’unica mia certezza. E’ improbabile che ciò che ora pensa sia davvero frutto di un’analisi interiore priva di condizionamenti, per il semplice fatto che le conclusioni cui è giunta contraddicono per molti versi ciò che poco tempo fa era sicura di pensare. E’ impossibile che lei, per come stanno ora le cose, ci dia davvero l’opportunità di capire.

Cercherò comunque in tutti i modi di insinuare il dubbio, di farle capire che c’è ancora qualcosa che vale la pena comprendere. Non so se avrò successo. Sento però che la congiuntura è favorevole, ho avuto anche qualche colpo di fortuna. Inoltre, il 2009 è l'anno del mio segno zodiacale: vedremo se riuscirò a prendere il toro per le corna, e a riportare i pesci nell'acquario.

So benissimo di essere la scelta sbagliata, ma per lei la rappresentavo già anni fa. Alla fine non è passato giorno in cui non mi abbia dato ragione. Ora è diverso, ma forse proprio il non riuscire a trovare ragioni razionali a tutto questo rappresenta la più valida delle risposte.

"Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?"


2 commenti:



Non sono mai stata particolarmente brava con le parole,pur avendo fatto il Berchet.Se potessi mi esprimerei con delle immagini che,a parer mio,spesso chiariscono meglio un concetto di tanti discorsi.
Io leggo la tua storia,il tuo vissuto, come fossi uno spettatore che va a vedere una prima in teatro e che, non avendo prenotato, si deve accontentare di un posto piuttosto scomodo, da dove non gode di un ottima visuale e, come se tutto ciò non bastasse, nella poltrona davanti alla sua siede una signorotta alta e rotondetta che crea un ulteriore impedimento!
Lo spettatore si siede comunque dato che ci tiene parecchio a questo spettacolo, è molto che aspettava che arrivasse in città!
Dentro di sé però si tormenta e sospira chiedendosi come sarebbe vedere tutto dalla platea!
Per stavolta si dovrà accontentare ma la prossima sarà più preparato e si organizzerà meglio!
A questo punto, tra la ricerca di una posizione adeguata e la lettura del brochure, si alza il sipario.
La scena si apre su una stanza, piuttosto piccola ma colorata, tutt’intorno oggetti,supellettili,manifesti che hanno rappresentato o rappresentano qualcosa nella vita del protagonista.
Lui siede alla sua scrivania,disordinata per chi la vedesse per la prima volta,ma ordinata per il suo propietario, il quale si ritrova in ogni carta,biro,foto poggiate su essa.
Scrive al computer cercando di mettere un po’ d’ordine nella sua vita, poi si alza bruscamente dalla sedia e gira per la stanza…impreca,ma sono lacrime quelle che il nostro acuto spettatore vede scorrere sulle sue guancie? Probabilmente lui direbbe che è polvere, non ama pulire.
Chissà se è vero?
Ecco che si risiede e ricomincia a scrivere, il suo racconto parla d’Amore…un Amore che, agli occhi del nostro spettatore, che lo vede dall’esterno e che mai potrà capirlo fino in fondo, appare profondo ma ricco di un amara malinconia e di un forte dolore.
“Ogni Amore è a se stante,chiunque pensa che il proprio sia unico e che nessuno all’infuori di chi lo vive può realmente sapere come sia!” Appare incuriosito il nostro spettatore che è contento di avere davanti a sé una storia autentica e priva di filtri, sulla quale gli è data la possibilità di riflettere.
Il protagonista analizza attentamente i fatti, ripercorrendo a ritroso momenti di sofferenza e di felicità che ha vissuto.
Ne esce una figura interessante se pur marcatamente dura con se stessa .
Allo spettatore non importa l’aspetto o l’età del protagonista, gli interessa capirne l’io interiore, quell’io che può dedurre seguendo l’evolversi della vicenda, ovviamente.
E’ uno spettacolo singolare, infatti non dura una sola serata,così che, il nostro spettatore avrà modo di rimuginarci sopra, carpendo ogni giorno nuove sfumature.Spera ancora di vederlo da un posto migliore al fine di godersi al meglio la vicenda e capirla il più possibile:”se non la capissi fino in fondo non potrei permettermi il lusso di giudicare!”.
Il protagonista continua a scivere, e sulle pareti della stanza appaiono immagini e parole chiave, tramite le quali la vicenda risulta più comprensibile.Ci sono anche dei bambini a teatro!
Inizialmente il protagonista appare deciso a seguire una strada ma poi vira bruscamente, come una nave che ha visto all’ultimo la cima di un iceberg, dimendicandosi che il grosso si trova sott’acqua.
A questo punto il primo atto volge al termine e non si capiscono bene le intenzioni del protagonista:”sarà un trucco dell’autore per incuriosire gli spettatori..”.
Il nostro spettatore esce da teatro sorridendo per la maestria con la quale è stato composto il racconto ma anche malinconico, si sente partecipe del dolore del protagonista come se lo conoscesse.
“Davvero bravo”,pensa, “Toccante”.
Ed ora,tornando a casa pensa che gli piacerebbe avere un autografo:”Chi lo sa, forse glielo chiederò la prossima volta, quando potrò applaudirlo dalla platea

"Ogni tanto mi accorgo che la penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che mi venga incontro, dal fondo d'una pagina bianca, e che potrò raggiungere soltanto quando a colpi di penna sarò riuscito a seppellire tutte le accidie, le insoddisfazioni, l'astio che sono qui chiuso a scontare."