14 giu 2009

Alternative ending

Un freddo pomeriggio di metà Aprile. Il cielo plumbeo, presagio di un temporale primaverile. Il mare increspato da una Tramontana sferzante.

Una tipica giornata di Pasquetta.

Tre individui si dirigevano verso la spiaggia. Due parlavano tra loro; il primo indossava una felpa rossa e un costume da bagno così fuori moda e liso da sembrare rubato dall'armadio di un vecchio morto. E, in effetti, era proprio così. L'altro aveva una mise totalmente nera, dalle scarpe da ginnastica agli occhiali da sole. L'individuo che sembrava guidare quello strano drappello indossava dei jeans troppo fashion per l'occasione, un vecchio cappello di vimini portato di sbieco sulla testa e una maglietta commemorativa di un qualche evento sportivo tenutosi nella sua città nel 1997. Portava una chitarra sulla spalla, imitando di tanto in tanto la camminata da pescatore del protagonista di un vecchio cartone animato giapponese. I due che gli erano dietro ridevano di gusto ogni volta, malgrado quella gag si ripetesse sempre uguale da quando non avevano ancora i peli sulle gambe.

Arrivati in spiaggia, si fermarono a contemplare il panorama: il mare, di colore verdastro, rigurgitava sul bagnasciuga un misto di alghe e schiuma. La spiaggia era lercia di catrame e rifiuti, tra i quali spiccava una lavatrice arrugginita abbandonata sulla battigia.
Il momento di silenzio in cui erano caduti venne rotto da chi portava la chitarra:

- Mah... Io non capisco perchè non riusciamo a trovare un'alternativa a questo posto...

- Già... - gli rispose il tizio col costume del morto - Un conto era quando eravamo adolescenti e non potevamo muoverci da qui... Ma ora che ognuno di noi ha un mezzo per spostarsi potremmo anche cambiare... Eccheccazzo!

Quel dialogo si ripeteva da sempre. Ognuno di loro sapeva in realtà il perchè si trovassero lì: adoravano quel posto, che li aveva visti crescere e cambiare. Il disprezzo iniziale faceva parte dei convenevoli.

L'impasse in cui si trovavano venne risolto dall'uomo in nero.

- Vabbè, ormai siamo qui e amen. Andiamoci a mettere da quella parte, sembra più riparata dal vento e magari non vola la sabbia...

Si sistemarono in un punto in cui la rena sembrava meno umida. Erano seduti a semicerchio tra il mare e un muretto bianco, negli anni testimone dei loro progressi nel disegnare simboli fallici zampillanti.

- Beh, suonaci un po' di blues... -
disse l'uomo con la felpa rossa. Era una richiesta consueta la sua, cui il tizio col cappello reagì prontamente imbracciando lo strumento.

Rimasero in silenzio per un po', con un riff di chitarra vagamente assimilabile a Eric Clapton a fare da colonna sonora a quel momento.

Mentre erano assorti nei loro pensieri, l'uomo in nero cominciò a giocherellare con due sassi che aveva trovato sulla sabbia. Iniziò a batterli tra loro ritmicamente, senza curarsi di chi, a meno di un metro da lui, stava suonando con tutt'altro ritmo. Il tizio col cappello, sempre più infastidito, cominciò a lanciargli sguardi eloquenti per farlo smettere. L'uomo in nero continuava imperterrito, aumentando esponenzialmente l'irritazione dell'altro.
All'improvviso il suonatore di chitarra si interruppe bruscamente, fissandolo. Poi, esplose.

- La smetti?!

L'uomo in nero cadde dalle nuvole.

- Di fare che?


- Di battere quei cazzo di sassi. O almeno, batti in 4/4 così vai a ritmo!


- Veramente, dato che la parte ritmica la sto facendo io, sei tu che dovresti seguire il mio tempo...


Il chitarrista si rivolse all'uomo con la felpa rossa, che aveva seguito tutta la scena imperterrito guardando l'orizzonte.

- Ma lo senti?


L'uomo con la felpa rossa fece spallucce. L'esperienza gli aveva insegnato che era meglio non mettersi in mezzo a questo genere di discussioni tra i due. Di solito, la contesa sfociava in un dibattito interminabile; nessuno usciva vincitore, ma lui ne usciva sempre con un gran mal di testa.

Fortunatamente, la diatriba venne interrotta dall'arrivo in spiaggia di altre persone. Era la gente che aspettavano. Come al solito, vi era un mix di facce nuove e facce conosciute costruendo insieme castelli di sabbia.

- Ehi, ma chi è quella? -
disse l'uomo con la felpa rossa al tizio col cappello.

- Non lo so, dev'essere un'amica portata da qualcuno... Bel culo, eh?


- Già.. ma quel palestrato col costumino azzurro è il ragazzo? Cazzo sì, la sta baciando... Cheppalle...


- E vabbè, noi mica siamo gelosi...


- Compà, secondo me quel tizio è meglio non farlo incazzare... Ma hai visto che rigonfiamento ha nel costume? Quello non solo è palestrato, ma deve avere un cazzo che se ti prende lo supplichi di mettertelo in culo, perchè se te lo dà in testa ti fa più male...


- Ahahah!


L'uomo col cappello aveva sempre apprezzato l'umorismo volutamente sboccato del tizio col costume del morto. Per questo, gliene veniva somministrata una dose ogni volta che era possibile.

Ora che il terzetto iniziale era diventato un nutrito gruppo di gente, il chitarrista cominciò a raccogliere le richieste di canzoni da suonare. Come al solito, dopo le prime strimpellate coatte delle musichette prodotte dai gruppi del momento, i tre prevalsero virando prontamente sulle canzoni del loro repertorio. Fu quindi un susseguirsi di rock italiano e straniero, musica leggera e qualche arrangiamento ironico di canzoni da chiesa.

A pomeriggio inoltrato, il sole aveva cominciato a farsi largo tra le nuvole. L'uomo col costume del morto si tolse la felpa, catturando immediatamente l'attenzione del chitarrista.

- Ehi, ma quella maglietta è mia!

Il tizio col costume da morto reagì con nonchalance.

- Sì, lo so...


- Era un sacco di tempo che la cercavo!


- Ma come, non ti ricordi? Me l'hai prestata quella sera che sono venuto a casa tua e poi sono rimasto a dormire...


- Quella sera che... Ma è successo sei mesi fa!


- Eh lo so... Comunque ora che sai che ce l'ho io che problema c'è? L'hai ritrovata...


- Sai com'è, uno i vestiti se li compra per metterseli...


- Ma lo so... Dai, te la lavo e poi te la ridò pulita...


- Ok...


Entrambi sapevano che la maglietta in questione sarebbe rimasta lontana dal suo padrone ancora per un po'. Il tizio col cappello pensava che il motivo principale fosse il ritmo lentissimo con cui l'altro faceva le lavatrici. E in parte era vero.
L'uomo col costume del morto spesso si faceva prestare dei vestiti, ma teneva fino a che non gli venivano chiesti indietro con la forza solo gli indumenti di due persone: quelli del fratello minore e quelli del tizio col cappello. I primi li teneva per necessità (non era mai stato un amante dello shopping, e il furto era molto più pratico), gli altri perchè, lui che rendeva molti oggetti dei feticci, sentiva vicino la gente a lui cara in modi non convenzionali. Ma questo forse non gliel'avrebbe detto mai.

L'accenno di sole si rivelò solo un illusorio preambolo al temporale in arrivo. La gente cominciò a smobilitare, e i tre decisero di chiudere la loro performance.

Come al solito, si cimentarono nella canzone che rappresentava il loro cavallo di battaglia: un pezzo allusivo, imperniato sull'ambiguità derivante dall'offrire da mangiare a una signora un limone.

I soliti accordi, con l'attacco all'unisono.

Un assolo, che raccontava di una vecchia gatta fuggita.

Un acuto corale. L'ultimo.

4 commenti:

ti ringrazio per le belle parole. se un giorno potrai mai arrivare a pensare di volere una maglietta, io sono qui. sarà difficile, impossibile credo, ma nei libri a volte succede

Caro Wilson,

ti ringrazio ma preferisco di no. Il personaggio in cui ti sei identificato ormai esiste solo nella mia pasticceria di fiducia, specializzata in madeleines.

Se c'è una cosa che ho imparato sui rapporti interpersonali, è che non bisognerebbe mai usucapire gli indumenti agli amici: non si sa mai quali ripercussioni si potrebbero avere in futuro.

Comunque, conservo ancora una maglietta del personaggio in questione: è rossa (come la felpa di uno dei protagonisti del racconto), rattoppata dalla madre (una madeleine che sa di pasta peperoni e salsiccia) e vintage (come il legame tra i protagonisti).

Dato che viene da un tempo che fu, non potrà mai essere restituita.

Facciamo che siamo pari.

Saluti a lei e signora,

Nemico

Ehi Nico non te la cai per niente male...rivedere Te ,Giovanni eforse Carlo in questa storia mi ha fatto sorridere....bravo nico!!!

Eheheh in effetti vedere me, Giovanni e Carlo in questa storia fa molto sorridere anche il sottoscritto...

Contento che il raccontino ti sia piaciuto!

A presto,

LilloArzillo