23 ott 2010

In vinile veritas

Se c'è un oggetto da cui non mi separo mai, oltre al mio cappello, quello è il mio Ipod. Il fido Nikpod III, grazie alla rapidissima evoluzione tecnologica, mi permette di portare sempre in tasca tutta la mia collezione di musica (circa 7.000 brani, messa su CD occuperebbe una stanza...), di ascoltarla in high fidelity, di guardare film, di connettermi ad internet, di giocare con videogames graficamente evoluti, di produrre documenti word, e chi più ne ha più ne metta.
L'avvento del digitale ha infatti rivoluzionato il nostro modo di fruire la musica, producendo un suono sempre più pulito grazie a lenti ottiche e file digitali, e rendendola soprattutto facilmente trasportabile.
Questi fattori avrebbero dovuto letteralmente spazzare via l'obsoleto vinile, eppure non è così. Esiste uno sparuto numero di audiofili che continuano ad ascoltare musica su LP, come se i compact disc non fossero mai stati immessi sul mercato. Romanticamente, ricordano un po' quei soldati giapponesi che continuarono a presidiare le isolette dell'Indocina dopo il 1946 perchè nessuno li aveva avvisati della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ebbene, io sono uno di questi.
Pochi sanno infatti che il vinile, in termini di prestazioni tecniche, offre grazie al suo sistema analogico un'insuperabile qualità di riproduzione in termini di dettaglio sonoro e scena musicale.
Il solo avere tra le mani un disco in vinile è di per se un'esperienza: oltre a essere esteticamente un bell'oggetto, ha un odore particolare che genera assuefazione (un po' come quello della benzina), ed è percorso da un microsolco a spirale che risulta ipnotico (soprattutto se guardato controluce).
E poi, è analogico. La puntina del giradischi percorre i microsolchi del vinile generando il suono. Non ci sono laser, nè suoni digitalizzati e compressi. E' tutta una questione di attriti, tant'è che periodicamente la puntina va cambiata. Si consuma.
Mi piacciono le cose che si sfregano e si consumano.
Ovviamente, per una riproduzione che sia allo stato dell'arte occorre un buon impianto. Beh, io grazie a dio posso usarne uno nel mio attuale covo. E' in quella libreria che è stato il più grande strumento formativo della mia adolescenza: una struttura imponente, in legno chiaro, i cui scaffali arrivano fino al soffitto. Per esplorare i ripiani posti più in alto, occorre usare l'apposita scala. Ho sempre trovato lì tutto ciò di cui avevo bisogno per lenire la mia curiosità. Non importava l'argomento, che fossero gli scritti di Marx ed Engels, la Bibbia, un atlante stradale dell'Europa o la notizia dell'affondamento del Titanic da leggere su un quotidiano originale del 1912, è sempre stato quello il posto dove cercare. Per certi versi, a quella libreria Wikipedia gliela può sucare.
L'impianto stereo occupa gli scaffali più in basso. E' a moduli, e l'equalizzatore da solo è grande quanto due lettori DVD messi l'uno sull'altro. Un nugolo di fili ramati corre dai suoi componenti alle casse, due Infinity in ciliegio alte quanto una tartaruga ninja. Il suo suono è definito e pieno. Potente. Regolando a 2 e mezzo il volume, il divano comincia già a vibrare. Eppure, il fondoscala è a 20.
Uno dei ripiani custodisce la collezione di dischi, una cinquantina in totale. La scelta è abbastanza ampia: c'è musica classica (il genere che rende di più ascoltato su vinile), i Jethro Tull, Mike Oldfield, Pink Floyd, ma anche Battisti e i Denovo.
Visti i miei gusti musicali, sembra quasi che i dischi siano miei.
Però non lo sono.
Sono del mio vecchio.
A pensarci è strano, dato che non è che i miei gruppi preferiti li abbia ereditati da lui. Anzi, se la sua collezione di dischi non fosse proprio accanto a un vecchio album di foto che ho rivisto di recente, probabilmente non mi sarei mai neanche accorto della sua esistenza. Non mi ha mai detto: "Ascolta questo, ti piacerà". Eppure oggi pomeriggio l'ho passato ad ascoltare il suo disco di "The Wall" dei Pink Floyd più e più volte, per prepararmi a vedermelo suonato dal vivo da Roger Waters ad aprile. Certo la sovrapposizione non è integrale, ma ci sono diversi punti di contatto che hanno ancor più valore in quanto spontanei. Diciamo che a entrambi piace la "musica vera", per dirla come farebbe il fantasma di un grande cantautore italiano.
E ora, mentre il lato A di "Thick as a brick" dei Jethro Tull ha appena finito di suonare, il silenzio della casa vuota è rotto da un solo rumore: il fruscio del giradischi che gira a vuoto. Lo stesso rumore che in questo momento fa la mia vita:

Frshhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...

E' tempo di cambiare lato, e scoprire cosa c'è dall'altra parte del disco.


2 commenti:

a questo punto dobbiamo decidere se siamo puntine che il vinile fanno vibrare, o i solchi che tengono incapsulati il suono o se siamo musica e basta. l'immagine è bellissima: di chi è?

Ah l'immagine non so di chi sia, l'ho trovata per caso e poi c'ho scritto il pezzo... Bella, eh?